Storia dello Haiku

 

 

L’origine storica dello haiku è antica e non semplice da delineare.

Lo haiku trae le sue origini dalla più antica tradizione poetica giapponese (waka). Waka significa letteralmente "poesia giapponese" ed indica in senso lato tutti i componimenti poetici in lingua giapponese. In accezione più ristretta, identifica tutta la produzione poetica antecedente al renga.

Tale genere di componimento poetico era appunto chiamato "a catena" in quanto costituito da poemi "concatenati", dalla metrica estremamente rigida e composto da autori diversi che si ritrovavano insieme. Il "maestro" dava inizio al waka componendone l’emistichio superiore (kami no ku) composto da 17 sillabe con ritmo 5-7-5 , denominato hokku, che forniva il tema della composizione e ne costituiva l’essenza, quindi un secondo autore aggiungeva l’emistichio inferiore (shimo no ku) di 14 sillabe (7-7), e così di seguito alternatamente fino a giungere al termine del poema che poteva constare di 36, 50 o 100 versi. Ciascun verso era denominato ku.

Un hokku doveva avere due caratteristiche fondamentali:

  • consistere di 17 sillabe con metrica 5-7-5;

  • contenere il kigo, cioè il riferimento ad una delle quattro stagioni dell’anno.

Ecco un esempio di "renga” composto nel 1488 da Sōgi, Shōhaku e Sōchō. Si tratta di una delle più famose sequenze ed è intitolata "Cento stanze di tre poeti a Minase". Tuttavia, per brevità, citeremo solo i primi sei dei cento ku nei quali si sviluppa l'opera. Abbiamo inoltre indicato tra parentesi la parte che ogni poeta prendeva dal precedente per comporre il proprio ku.

KuAutoreTraduzione

yuki nagara
yamamoto kasumu
yūbe kana

Sōgi ancora della neve ai piedi del monte brumoso nella sera

(yuki nagara
yamamoto kasumu
yūbe kana)
yuku mizu tōku
ume niou sato

Shōhaku (ancora della neve ai piedi del monte brumoso nella sera) presso l’acqua che scorre laggiù c’è un villaggio tra i susini in fiore

(yuku mizu tōku
ume niou sato)
kawakaze ni
hitomura yanagi
haru miete

Sōchō (presso l’acqua che scorre laggiù c’è un villaggio tra i susini in fiore) alla brezza del fiume un filare di salici mostra i colori della primavera

(kawakaze ni
hitomura yanagi
haru miete)
fune sasu oto mo
shiruki akegata

Sōgi (alla brezza del fiume un filare di salici mostra i colori della primavera) con lo sciabordio dei remi s’inizia il giorno

(fune sasu oto mo
shiruki akegata)
tsuki ya nao
kiriwataru yo ni
nokoruran

Shōhaku (con lo sciabordio dei remi s’inizia il giorno) forse la luna avvolta nella caligine della notte indugia nel cielo

(tsuki ya nao
kiriwataru yo ni
nokoruran)
shimo oku nohara
aki wa kurekeri

Sōchō (forse la luna avvolta nella caligine della notte indugia nel cielo) i prati ricoperti di brina l’autunno è finito

ll renga si sviluppò a partire dal XII secolo e contribuì alla popolarizzazione della cultura aristocratica.
Si trattava all’inizio di un passatempo letterario in uso presso i poeti di corte, una sorta di gara "artistica" fra autori. Dal XIII secolo tale forma di componimento si diffuse anche in altri strati sociali della popolazione, quali monaci e guerrieri, perdendo via via la prerogativa di forma culturale elitaria. Ciò fu dovuto proprio alla struttura stessa del renga, che come abbiamo visto nell’esempio, era formato da ku sequenziali.

L’autore si basava esclusivamente su quanto scritto dal suo predecessore e quindi il tempo del componimento era un eterno presente, e cioè permetteva allo scrittore un grado di espressione basato su quanto aveva davanti agli occhi leggendo il ku precedente. Questa forma "slegata", e l’atteggiamento dell’ "adesso ed in questo luogo", che si poteva ricondurre quasi alle antiche ballate, avvicinarono la "poesia" al popolo ed il renga conobbe una diffusione di massa ed una popolarità enormi. Tale popolarità portò anche alla modifica dei contenuti letterari del renga stesso, non più quindi esclusivamente argomenti legati all’aristocrazia di corte, bensì alla vita di tutti i giorni, fino a dare origine ad un genere poetico che usava un linguaggio colloquiale ed a volte anche umoristico: lo haikairenga.

Ed è proprio nel XVI secolo, con il comparire sullo scenario della letteratura giapponese dell’haikairenga, che noi troviamo le origini del genere haiku.

Dallo haikairenga, nasce infatti lo haikai che era una forma poetica di sole 17 sillabe con una struttura 5-7-5. Questo haikai aveva dunque acquisito la caratteristica di divertimento poetico non più raffinato, ma molto popolare, umoristico e satirico.

Gli autori di haikai denominati haikaishi che in un primo momento avevano cercato di sviluppare una tecnica particolare tramite l’uso di figure retoriche etc. successivamente passarono ad un tipo di scrittura usando acrobazie verbali, dando inizio a vere e proprie gare, durante le quali, in un tempo prestabilito, ogni autore cercava di comporre il massimo numero possibile di ku.

Nel 1680 Saikaku compose 4.000 ku e pare che quattro anni dopo ne compose ben 23.500 in ventiquattr’ore.

Nel XVII secolo fa la sua comparsa sulla scena letteraria Matsuo Bashō più grande autore di haikai, dando origine ad un nuovo stile non più legato ad acrobazie verbali. Bashō peregrinò a lungo per il Giappone e la sua fu la "via dell’eleganza" come egli stesso la definì, e fece della propria vita un’opera d’arte compiendo una vera "rivoluzione" nel campo della letteratura giapponese:

  • separò i primi tre versi iniziali del renga, (hokku o haikai), determinando un componimento a sé stante, completo e definito, che pur nella sua brevità , mantiene intatte sensazioni e sentimenti, espressi con la purezza dell’essenzialità. Creò quindi una nuova impareggiabile forma poetica più tardi nota come haiku;

  • riscoprì la natura ed il suo essere tutt’uno con l’animo umano. Il mondo giapponese dell’epoca amava molto la natura, ma Bashō andò ben più lontano: la "cantò". Infatti durante i suoi viaggi andò a vedere di persona laghi, monti e luoghi, avendone esperienza diretta.

Gli haikai di Bashō raggiungono vette poetiche elevatissime, passando dall’immenso al piccolo, dall’uso di termini onomatopeici a linguaggi surrealistici, come esemplificano questi versi scritti nel 1689: 

araumi ya
Sado ni yokotau
ama no gawa

mare selvaggio e sopra l’isola di Sado la Via Lattea

nami no ma ya
kogai ni majiru
hagi no chiri

tra le onde piccole conchiglie frammiste a petali di hagi

akaaka to
hi wa tsurenaku mo
aki no kaze

rosso rosso dardeggia il sole vento d’autunno

shizukasa ya
iwa ni shimiiru
semi no koe

profondo silenzio penetra le rocce frinire di cicale

A partire dal 1868 il renga praticamente scomparve, mentre lo haiku (o haikai) prosperò.

Per la sua brevità (sole 17 sillabe), è un componimento estremamente difficile. Comporre haiku significa esprimere non un pensiero o un’impressione, ma lo sviluppo dell’essenza di un’impressione. Usando le parole di Bashō   “bisogna dar parola alla luce nella quale s’intravede qualcosa prima che scompaia dalla mente”. Bashō  non generava i propri versi dal pensiero, ma tramite un’esperienza diretta ed immediata.

Tramite lo haikai, Bashō oltre a sviluppare la tradizione poetica del suo Paese, raffinò la sensibilità stessa del popolo nipponico.

A conclusione di questi brevi cenni storici, è bene tenere in considerazione alcune cose:

  • haikai (più tardi noto come haiku), è una contrazione di haikairenga ed è molto spesso sinonimo di renga, in quanto, lo ricordiamo,  una successione di haikai forma un renga;

  • il termine haiku, nella moderna accezione di "verso a sé stante", cioè autonomo e non più come parte iniziale di un componimento, è stato così definito dal critico letterario Masaoka Shiki solo nel XIX secolo. Il tal modo il ruolo dello haiku viene ben definito e distinto da quello dello hokku.